MARIENI SAREDO

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SENATORE GIUSEPPE SAREDO

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DOCENTE UNIVERSITARIO - GIURISTA - CONSIGLIERE DI STATO

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 BIOGRAFIA a cura di Serafino Giustiniani

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La vita di Giuseppe Saredo si compendia tutta nello studio, nel lavoro indefesso, nello scrupoloso ed illuminato adempimento dei doveri inerenti ai molti e gravi uffici da lui sostenuti.

Nato nel 1832 a Savona da famiglia distinta che le vicende della rivoluzione francese avevano ridotta in un modesto stato economico, egli dovette nei primi anni della giovinezza lottare fieramente per aprirsi la via dell'avvenire. Nel Seminario patrio potè profittare dei pochi ed incompleti insegnamenti che ivi si impartivano, e bisognò che attendesse da sé stesso a compiere la propria istruzione; ciò che fece in modo tale da divenire, durando per tutta la vita nell'applicazione e nello studio, uno degli uomini di maggiore e più ampia coltura che vantasse in questi ultimi tempi l'Italia.

Lasciata Savona per Torino, dove si offriva un più vasto campo al suo
ingegno ed alla sua attività, ebbe a mettere a dura prova quella fermezza di volere di cui era in somma misura dotato. Privo di appoggi, stentò molto a procurarsi un posto  anche modesto, e lo trovò   finalmente nel giornalismo politico, dal quale poi non si ritrasse completamente che negli ultimi anni della sua vita.
 

Nato il 16 settembre 1832 a Savona, egli si trasferì da giovane a Torino, dove, collaborò come redattore per diversi giornali (il “Fischietto” e “Le Scintille” su tutti). Il giovane Saredo cominciò la sua attività politica lavorando nella Segreteria del Conte di Cavour a Torino.
Dal 1853 fondò per suo conto due altri periodici letterari-scientifici, “Rivista Contemporanea” e “Rivista Illustrata”.
Nel 1858 Saredo divenne, per nomina del ministro della Pubblica Istruzione Terenzo Mamiani, insegnante di Letteratura Italiana a Bonneville in Savoia, da dove, l’anno seguente, passò alla direzione delle scuole tecniche di Chambery
ove insegnò in lingua francese sino al 1859, all'annessione cioè della Savoia alla Francia.

La sua intelligenza pronta e vivace, nutrita di buoni studi, lo fece subito apprezzare, e gli conquistò la benevolenza e l'interessamento di uomini egregi; potè così ottenere di entrare nell'insegnamento secondario, e fu nominato professore di lingua italiana nel Ginnasio di Bonneville, e poi professore di storia, geografia e di letteratura francese nelle Scuole tecniche di Chambéry, delle quali fu anche direttore. Fu in quell'epoca che scrisse quella notevole lettera al conte Camillo di Cavour sul principio delle alleanze internazionali: Du principe des alliances internationales, lettre à S. E. le comte Camille Benso de Cavour (Chambéry, Perrin, Baudet et Lajoue, 1860).

L'insegnante aveva data sicura e buona prova di sé; ed è perciò che, avvenuta la cessione della Savoia alla Francia, fu da Terenzio Mamiani, allora ministro della pubblica istruzione, il quale aveva preso il Saredo in grande stima ed affetto, nominato senz'altro professore di diritto costituzionale a Sassari.

La scelta fu felice; ma la nomina destò rumore, perche colui che acquistava così una cattedra universitaria non era passato mai per una Università come studente; rumore però che si spense, come scrisse chi si occupò di lui, «appena si seppe che il professore aveva subito conquistato a sé il favore degli studenti, la stima dei colleghi, per virtù di un ingegno agilissimo, mirabilmente assimilatore, espositore facile, piano, attraente».
Da Sassari passò come titolare
di filosofìa del diritto a Parma, dove rimase fino al 1866, anno in cui ebbe la cattedra di diritto civile nell'Ateneo di Siena, che tenne fino al 1871, divenendo anche preside della facoltà legale.
In questi anni dal 1860 al 1871 il Saredo diede alla luce parecchi importanti lavori, fra cui quelle mirabili biografie di illustri contemporanei, Federico Sclopis, Giuseppe De Maistre, Marco Minghetti, Terenzio Mamiani,(nota1>>) nelle quali le loro opere

sono analizzate con grande sagacia e


Fondato a Torino nel 1848 e pubblicato con periodicità trisettimanale, Il Fischietto, giornale satirico-caricaturale, ebbe un indirizzo politico liberal-moderato e fu, più o meno scopertamente, sostenitore di Cavour. Il suo grande successo era in buona parte dovuto alla collaborazione di alcuni dei migliori disegnatori italiani, tra cui Cesare Redenti di Correggio.

 

 

 

 
  In questa vignetta del giornale satirico "Il

  Fischietto" ( aprile 1861 ) è rappresentato il

  contrasto tra Garibaldi e Cavour circa il

  problema delle forme e dei metodi da adottare

  per l'unificazione dell'Italia.
 

  LE DUE TEORIE
  - Credete a me compare Giuseppe: per calzare

  UNO STIVALE, per calzarlo bene intendo,

  pazienza ci vuole!.. e molta POLVERE..di

  sapone!....
 

  - Che pazienza, che polvere d'Egitto! I ferri ci

  vogliono, compare Camillo! E tirare finché sia

  calzato!....
  - Tirare...Tirare!...E se poi si rompe qualcosa..?

 serenità di giudizio; i Principii di diritto costituzionale, in quattro volumi, nei quali sono con efficacia e vigorìa di ragionamento propugnate le dottrine più ardite e liberali; il  Trattato di diritto civile italiano, rimasto al primo volume che tratta delle leggi e dei diritti delle persone, volume divenuto raro e che fece nascere il desiderio, pur troppo
 
       Federico Sclopis            insoddisfatto, di veder presto la continuazione e la fine dell'opera ; il Trattato delle leggi, dei loro conflitti di luogo e di tempo e della loro applicazione, dedicato a Terenzio Mamiani e a Cesare Correnti  in attestato di non immemore amicizia; anche questo Trattato è rimasto incompleto, perché, nel concetto dell'Autore, esso doveva formare un'ampia pubblicazione, di cui il volume dato alle stampe costituiva la parte generale (nota2>>).


Dopo essere rimasto a Siena fino al 1871, come si è detto, il Saredo
lasciò quell'Università per l'altra più importante di Roma.
Eransi compiuti
i destini d'Italia, e Roma era divenuta capitale del Regno.
Il Governo del
Re dovette pensare a costituirvi una facoltà di giurisprudenza degna delle sue tradizioni, e fu per questo che vi chiamò fra gli altri il Saredo, affidandogli prima l'insegnamento del diritto pubblico amministrativo, e più tardi quello della procedura civile e dell'ordinamento giudiziario.

Come si vede, il Saredo passava con facilità dall'una all'altra disciplina giuridica, sia come scrittore, sia come insegnante; in ciò era aiutato da un forte ingegno, da una vasta dottrina, dalla virtù di una rapida e potente percezione ed assimilazione; ma egli, che sentiva grandemente il sentimento del dovere, non si accingeva al nuovo insegnamento se non dopo matura preparazione; ed è così che vi lasciava orme durature, e ne riportava i m
aggiori e più fecondi risultati.
Nel 1872, quando iniziò il corso di procedura civile, questa disciplina era negletta e tenuta dai più come cosa di nessun conto. Egli lo rilevava, con quella precisione ed evidenza di linguaggio che gli erano abituali, nella prolusione con cui                  Giuseppe De Maistre             inaugurò il corso medesimo.        

« Delle tre parti (così si esprimeva) che costituiscono il diritto giudiziario di uno Stato, cioè l'ordinamento della magistratura, la procedura penale e la procedura civile, quest'ultima, bisogna pur dirlo, è quella a cui è meno favorevole il giudizio non solo dei profani, ma altresì di molti fra i cultori delle scienze giuridiche. Appena si parla di procedura civile si ode rispondere che non è cosa che meriti titolo o dignità di scienza, ma che deve considerarsi come faccenda da causidici e da uscieri: che il solo aprire quel codice da noia e fastidio : e che quando uno ha imparato colla pratica come si fa una citazione, una comparsa o un pignoramento, ne sa d'avanzo. La pratica della procedura,, come costoro la intendono, è la memoria degli articoli, l'arte del formolario, il calcolo dei termini, l'abitudine di fare atti, la tradizione degli usi e del gergo del fôro, le quali cose, come argutamente fu detto, s'imparano come s'impara una via: percorrendola tutti i giorni. È in questo modo, o signori, che si vedono prevalere nella Curia uomini la cui scienza si riduce tutta a realizzare quel tipo di legulejus quidam, di cui parla Cicerone, cautus et acutus, praeco actionum, cantor formularum, auceps syllabarum».
 

Il Saredo si sforzò di far nascere nei giovani e nei cultori del diritto un vivo interesse alla disciplina da lui professata: fu così che pubblicò quel Procedimento in Camera di consiglio che è anche oggi, a distanza di trent'anni, il migliore e più completo trattato sui primi tre titoli dell'ultimo libro del codice processuale, e quelle Istituzioni di procedura civile (due volumi), pregevoli per la bontà del metodo, per la chiarezza della esposizione e pel felice contemperamento del diritto vigente col diritto romano, che aprirono la via alle notevoli opere di cui è ora ricca questa parte importante delle scienze giuridiche.
 

Dopo il 1870 egli fu chiamato come docente a Roma, dove tenne corsi di Diritto Processuale Civile, Diritto Pubblico Interno e Diritto Amministrativo, e dove, dal gennaio 1871, assunse la direzione della rivista “La Legge, redatta quasi esclusivamente da lui stesso e spesso edita a sue spese; trattavasi di un' utilissima opera di giurisprudenza che riportava e commentava le sentenze della Cassazione in un periodo molto difficile per l'entrata in vigore del nuovo ordinamento unitario, spesso in conflitto con gli ordinamenti giuridici degli antichi Stati italiani.

Venuto a Roma, il Saredo ebbe campo di spiegare tutta la prodigiosa sua attività; assunse la proprietà e la direzione del periodico La Legge, di cui era già da anni collaboratore e redattore capo. Vi portò l'impulso suo vigoroso, e mercé sua La Legge potè prendere il primo posto fra le raccolte giudiziarie d'Italia. Egli era il giornalista giuridico perfetto ed insuperabile: aveva copia di dottrina, ingegno pronto e versatile, efficacia di ragionamento, facilità estrema di lavoro; e tutte queste sue qualità pose a contributo pel suo periodico; addestrato come era al giornalismo politico del buon tempo, vi portò anche una forma elevata e serena di discussione e polemica. Sono innumerevoli le annotazioni alle sentenze portanti la sua firma, gli articoli e gli studi da lui pubblicati sulle questioni più gravi e controverse; ogni fascicolo settimanale conteneva il frutto della sua opera e del suo sapere. Non pochi di quelli scritti ebbero il merito di servire di guida ed indirizzo alla giurisprudenza.

Come professore universitario, come scrittore di eccellenti opere legali, come direttore di un importante periodico giudiziario, il Saredo era salito in alta e meritata fama ed autorità; a lui poteva quindi ben rivolgersi la fiducia del Governo per offrirgli nuovi uffici e cariche più elevate. Fu così che il ministro Depretis, che lo aveva avuto a collaboratore in diverse proposte di riforme legislative, lo chiamò nel 1879 a far parte del Consiglio di Stato, dove prese subito posto notevole fra gli eminenti personaggi che illustravano l'alto Consesso. Diede anche nel nuovo ufficio prova della sua operosità e del suo acume e valore giuridico, portandovi il concorso delle sue profonde cognizioni del diritto pubblico. Sono a lui dovuti molti dei pareri della Sezione dell'interno emessi per un periodo di oltre quindici anni sulle questioni più ardue e gravi.
Rimasto consigliere fino al 1891, venne nominato Presidente della stessa Sezione dell'interno, e finalmente nel gennaio 1898, alla morte del Tabarrini, fu assunto alla Presidenza del Consiglio di Stato. Nei cinque anni in cui rimase a capo del Supremo Consesso, questo fu oggetto delle sue cure e della sua predilezione; nulla trascurò perché si mantenesse di autorità e prestigio a quell'altezza che le istituzioni gli assegnano.
Il Saredo fu anche giudice del Tribunale supremo di guerra e marina, e membro del Consiglio del Contenzioso diplomatico. Presiedette parecchie importanti Commissioni. Nel 1891 fu eletto membro del Senato, ai cui lavori, specie dell'Ufficio centrale, prese parte assidua.
Data una lunga vita, intieramente dedicata allo studio ed al lavoro, riesce impossibile seguire e segnalare tutta la produzione scientifica del Saredo che si estende, può dirsi, ad ogni parte del diritto.

Nel 1897, 8 anni dopo la legge istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato, Giuseppe Saredo, presidente della IV Sezione, che sarebbe diventato presidente del Consiglio di Stato l’anno successivo, si rese interprete di una intransigente difesa delle nuove funzioni di giustizia amministrativa, nei confronti della Corte di cassazione in un acceso dibattito con Oronzo Quarta, avvocato generale alla Corte di Cassazione.

                              Roma - Il Palazzo sede del Consiglio di Stato                          Egli scrisse anche di argomenti non giuridici.
Oltre le opere già ricordate, ci limitiamo a notare i seguenti s
uoi lavori:


  -  I doveri dell'uomo;
  -   I doveri del cittadino;
  -  Dello sviluppo della personalità umana nelle società moderne;
  -  La vita locale in Italia;
  -  Proudhon, la sua vita e le sue opere;
 
-  Carlo Alfieri di Sostegno ;
 
-  Dell’applicazione del metodo sperimentale allo studio delle scienze civili e giuridiche;

  -  Codice civile italiano,
contenente la correlazione degli articoli fra loro, e con quelli degli altri  Codici e delle
      leggi vigenti; la corrispondenza coi
singoli articoli dei Codici abrogati, con una Tavola finale comparativa di tutti gli articoli dei vari Codici;
  -  Codice penale per l'esercito, contenente la riferenza degli articoli del Codice fra loro, con quelli del Codice e leggi vigenti e del Codice militare
      abrogato, con molte appendici, ecc.;
 
-  Saggio sulla storia del diritto internazionale privato;
 
-  Della giurisdizione dei magistrati del Regno sulle controversie fra stranieri relative all' esercizio della patria potestà;
 
-  Risarcimento di danni recati da uno straniero;
 
-  Del cambiamento di cittadinanza per cessione di territorio;
  -  Della esecuzione degli atti delle autorità straniere;.
  -  La competenza dell'autorità giudiziaria circa le convenzioni interna
zionali ;
  
-  Delle istituzioni giudiziarie e della procedura presso i Romani per le controversie di diritto internazionale privato;
  -  Del godimento e dell'esercizio dei diritti civili;
  -  Della cittadinanza;
 
-  Commento all’art. 1640 del Codice civile;
 
-  Della validità dei contratti di pegno e di anticresi in caso di fallimento ;
 
-  La libertà della difesa nelle cause penali ;
 
-  La sottrazione di una lettera semplice costituisce essa il reato di furto ?
  -  Introduzione allo studio dell'ordinamento giudiziario e della procedura
civile ;
 
-  Denuncia di nuova opera;
 
-  Della trascrizione del precetto per la esecuzione immobiliare e dei suoi effetti riguardo ai terzi;
 
-  Può procedersi ad esecuzione forzata sui beni componenti una eredità beneficiaria ?
  -  Della esecuzione forzata delle sentenze contro i Comuni, le Provincie ed i pubblici istituti;
  -  Sui limiti rispettivi delle attribuzioni dell'autorità giudiziaria e dell'autorità amministrativa;
 
-  II Prefetto nel diritto pubblico italiano; 
  -  Lo Stato e la responsabilità civile degli aiti dei pubblici funzionati;
 
-  Della responsabilità civile dei proprietari di stabilimenti industriali, insalubri, incomodi o pericolosi;
 
-  II mantenimento degli esposti secondo la legislazione e la giurisprudenza;
 
-  II Governo del Re e gli acquisti dei corpi morali. Commento alla legge 5 giugno 1850;
 
-  La fondazione testamentaria dei corpi morali ed il loro riconoscimento legale ;
 
-  Le parrocchie ed il concentramento delle istituzioni di beneficenza ;
 
-  Delle prestazioni oltre trentennali dei Comuni a favore delle parrocchie;
 
-  Del diritto di ottenere la copia o la collazione degli atti delle amministrazioni comunali; e del relativo procedimento;
  -  II passaggio della Corona nel diritto pubblico italiano;
 
-  La condizione giuridica dei senatori non convalidati ;
 
-  Dei regolamenti emanati dal potere esecutivo per mandato legislativo:
 
-  Interpretazione dell'art. 6 della legge 13 maggio 1877 sulle incompatibilità parlamentari;
 
-  II voto obbligatorio.

I lavori scientifici del Saredo si distinguono per completezza di indagini, per sicurezza e rettitudine di criterio giuridico, per larghezza d'idee, per la sagace critica della dottrina e della giurisprudenza, per l'efficacia dell'argomentazione, per la forma chiara, sobria, corretta, da cui trasparisce la forte coltura letteraria e classica di cui era fornito.

Negli ultimi tempi il Saredo si diede alla pubblicazione di una raccolta di Codici diretta a riunire, ordinata, la confusa e troppo abbondante legislazione italiana; compilazione sapiente, diligente e di grande utilità alla pratica. Della raccolta videro la luce il Codice costituzionale, il Codice delle amministrazioni, degli uffici e delle giurisdizioni centrali, il Codice della pubblica beneficenza, il Codice della igiene e della sanità pubblica; il Codice della, pubblica istruzione, e finalmente quel Codice del diritto pubblico ecclesiastico, quattro volumi, frutto di faticose e dotte ricerche delle antiche disposizioni (leggi, decreti, rescritti, ordinanze, dispacci, biglietti, patenti, istruzioni, notificazioni, ecc.) dei cessati Stati, rimaste tuttora in vigore, che costituisce la fonte principale a cui attingono, nell'attuale risveglio degli studi di quel diritto, i cultori di esso. Ne è pronta la seconda edizione, migliorata ed accresciuta. Ma il Saredo non si limitava alla raccolta dei testi: li corredava di note, e vi aggiungeva interessanti introduzioni, fra cui è notevole la Introduzione al Codice costituzionale dedicata al marchese A. Di Rudinì e pubblicata anche separatamente, e quella (costituente da sola un volume di circa 600 pagine) nella quale sono svolte le Vicende legislative della pubblica istruzione in Italia dal 1859 al 1899.

Che dire del presente Commento alla legge sull’amministrazione comunale e provinciale? I lettori lo conoscono; e questa seconda edizione, riveduta con amore dall'Autore, e nella quale fu tenuto conto delle riforme legis
lative introdotte e dei nuovi  materiali  accumulati dalla dottrina  e dalla giurisprudenza, confermerà il giudizio che ne fu dato, il giudizio che esso costituisce « il trattato più completo e più elevato sotto ogni aspetto in materia di legislazione amministrativa locale » (nota3>>).
Oltre la direzione della Legge continuata per più di trent'anni, il Saredo ebbe la direzione suprema del Digesto italiano, vasta enciclopedia del diritto,
di cui fu egli l'ispiratore, e per la quale scrisse ottimi articoli.
Né qui si arresta la vita operosa del Saredo. Egli prese parte assidua,
come si disse, ai lavori della Camera vitalizia; e come relatore dell'Ufficio centrale si hanno di lui elaborate relazioni su vari disegni di legge. È a lui dovuto anche un progetto, preparato per incarico affidatogli dal ministro Depretis, sulla divisione dell'Italia in regioni, della quale il Saredo fu un autorevole e convinto propugnatore ; come è a lui dovuto il progetto di generale riforma della legge comunale e provinciale presentato dallo stesso Depretis nel 1882 coll'ampia e dotta relazione che lo accompagna. È sua la idea della istituzione della Giunta provinciale amministrativa (chiamata in quel progetto Commissione), di quest'organo destinato ora ad esercitare importanti funzioni di vigilanza e tutela e di giurisdizione.

Dopo un periodo di oltre mezzo secolo di vita così intensa pareva che
il Saredo dovesse esserne stanco: invece egli conservava il vigore fisico ed intellettuale ; a lui ben si addiceva il detto : mens sana in corpore sano. Molto poteva ancora dare, e molto potevano ancora attendersi da lui la scienza ed il paese: la sua morte è stata un grave lutto per l'una e per l'altro. La patria ha perduto un servitore fedele ed illuminato ed un caldo amatore del pubblico bene.

E questo caldo amore del pubblico bene fece sì che egli nel 1891
accettasse l'incarico di regio commissario straordinario del Comune di Napoli; e più tardi, quando era già inoltrato negli anni ed aveva raggiunto il più alto grado dei pubblici uffici, ed a nulla poteva quindi più aspirare, quello di presiedere la Reale Commissione d'inchiesta per la stessa città di Napoli e Provincia. La impresa era dura e penosa, come avvertiva la relazione ministeriale, e tale da sgomentare i più forti. Ma non così il Saredo. Egli che scrisse Il voto obbligatorio per dimostrare la necessità che ogni elettore si rechi all'urna, e che ogni cittadino capace non si sottragga alle prestazioni a lui richieste nel pubblico interesse, non poteva esitare, né esitò ad accettare il gravosissimo incarico a cui loinvitava un'augusta parola; dovette considerarlo come un preciso suo dovere. 

Egli aveva la più profonda convinzione delle dottrine che professava.

Giuseppe Saracco gli affidò nel 1900 la presidenza di una commissione di inchiesta sull’amministrazione del comune di Napoli, dove erano stati segnalati gravi scandali.
 Egli lavora per dieci mesi con un'intensità e soprattutto una indipendenza di giudizio che allarma le stesse autorità che l’hanno designato e nella sua relazione finale "sulla ricostruzione di Napoli e sulla corruzione" mette a nudo una realtà di degrado e di affarismo allarmanti in campi di sorprendente attualità (voto di scambio, appalti e camorra, ecc., non ultimo i problemi di raccolta dell'immondizia...!) 
Tale commissione compì perfettamente il suo dovere in 10 mesi di arduo lavoro, ma costituì di fatto l’ultima occupazione di Saredo, che morì a Roma il 29 dicembre 1902, dopo un breve periodo trascorso ad Aosta.

Il Saredo fu un insigne giurista, intendendo la parola nel significato più ampio e cioè di "codificatore".
Egli fu, infatti, il consulente giuridico di tutti i Governi che si succedettero a Torino, a Firenze ed a Roma ai tempi della preparazione e della realizzazione dell'Unità del Regno d'Italia ed ispirò e dettò quasi tutte le leggi emanate nel periodo
del Risorgimento italiano provvedendo alla fusione degli ordinamenti giuridici dei vari Stati italiani.
Per questa ragione fu coinvolto, con molti componenti del Governo, nelle scomuniche comminate dalla S. Sede al tempo dell'emanazione delle famose leggi incameranti le proprietà ecclesiastiche (leggi contro la "manomorta") e al tempo delle annessioni successive dei territori pontifici.
Era tuttavia un buon cristiano e la scomunica
gli fu tolta, all'atto della morte, dal Cardinale Mistrangelo, Arcivesco
vo di Firenze, suo carissimo amico.

A lui, in particolare, è dovuta la "Legge Comunale e Provinciale"
che per oltre un secolo e con minori modifiche ha regolato la vita delle nostre Amministrazioni locali, fatta eccezione del periodo fascista.

Basta dare uno sguardo ai grossi volumi della relazione della Commissione per rilevare con quali nobili intendimenti fu da lui iniziata e proseguita la inchiesta, e con quanto amore pel benessere di Napoli e pel suo risorgimento economico e morale furono studiate le proposte che si suggerivano : vi è fra esse quella della municipalizzazione dei pubblici servizi che si considerava non come una misura eccezionale da adottarsi per Napoli, ma come regola da valere per ogni Municipio.

« Anche per i Comuni (si osservava) in condizioni normali di assetto finanziario, la municipalizzazione dei pubblici servizi è considerata come un portato necessario dell'utile esperienza altrove fatta, come una conseguenza della evoluzione che si va compiendo nelle istituzioni municipali ».

La mente del Saredo era aperta a tutte le idee più larghe e liberali. Ed ora la municipalizzazione dei pubblici servizi è riconosciuta ed approvata da una delle leggi dello Stato (nota4>>).
La inchiesta su Napoli fu pel Saredo causa di gravi dolori ed amarezze: l'odio, l'ira dei colpiti e delle loro clientele, il malanimo degli altri interessati si scatenarono violenti contro di lui; fu combattuto ed ostacolato in mille guise. Ma egli rimase imperturbabile « sotto l'
usbergo del sentirsi puro» ; e non cambiò di una linea la sua condotta. Egli era veramente l'uomo giusto e di tenaci propositi cantato dal poeta (nota5>>), che nulla poteva piegare, nulla distogliere da una opera santa e di giustizia.
Ma se tali erano i sentimenti e l'accanimento dei colpiti, i buoni, gli onesti furono per lui e plaudirono all'azione che egli spiegò a vantaggio
della tanto sventurata città; ed è con compiacimento che si vede congiunta la nobile figura di lui a quella di una gentildonna di alti sentimenti umanitari, a cui Napoli deve infinita gratitudine (nota6>>).

Fin qui abbiamo detto di Saredo uomo di studio e di scienza, esimio professore e giureconsulto, alto funzionario dello Stato e uomo pubblico e di governo; di Saredo dalla mente eletta, dalla eccezionale operosità, dalla intemeratezza della vita e fermezza di carattere. Ora dobbiamo aggiungere che egli ebbe affabili e semplici modi; fu di animo buono e generoso, e perciò pronto al soccorso dei miseri, e prodigo di aiuti e consigli ai giovani volenterosi, di cui non pochi devono a lui i primi passi nella carriera; come, franco e sincero estimatore del merito altrui, parecchi a lui devono le splendide posizioni che occupano. Fu anche modesto: non amò che si parlasse soverchiamente della sua persona, e che si facesse rumore intorno al suo nome. E la modestia gli dettò quel testamento, con cui impedì che gli venissero dallo Stato fatti solenni funerali; volle questi semplici, senza pompe, fiori e corone; desiderò che solo il nucleo di amici affezionati e provati lo seguisse. E gli amici accorsero tutti, commossi ed addolorati dalla irreparabile perdita. Proibì qualsiasi discorso e commemorazione; ma in questo non fu possibile obbedirlo completamente. Alla Corte di Cassazione di Roma, nel discorso inaugurale del 1903, l'Avvocato generale non potè a meno di parlare di lui, e di ricordare che « della sua vasta dottrina nelle discipline giuridiche lasciava monumenti noti ed ammirati da tutti i cultori del diritto ». Al Consiglio di Stato ebbe luogo una commemorazione altrettanto semplice che commovente; e qui la riproduciamo a suggello di queste povere parole, debole tributo di affetto e di omaggio alla sua memoria:

Adunanza generale del 15 gennaio 1903. — II presidente Bianchi apre
la seduta pronunziando le seguenti parole:


« Assai triste è per noi quest'ora, in cui riprendiamo l'adempimento dei nostri doveri d'ufficio dopo che la fatalità ci ha privati dell' illustre Capo che dirigeva i nostri lavori.

Giuseppe Saredo non ha voluto che la sua memoria si celebrasse con
veruna solennità; e l'estremo volere di lui deve essere adempito.

Però quello stesso divieto che gli fu ispirato da un sentimento d'imitabile ritenutezza, fa risaltare maggiormente i meriti di lui e deplorarne con più profondo dolore la perdita.

E certamente i pregi della mente e del cuore che rifulsero in Giuseppe Saredo non saranno mai dimenticati da chi lo ebbe a collega o superiore in questo Consesso, ov' egli ebbe posto onorato ed autorevole per più di ventitre anni, negli ultimi cinque dei quali tenne l'ufficio di Presidente capo.

Perspicacia e vivacità ragguardevoli d'intelletto, singolare prontezza e lucidità di percezione, operosità fervidissima, invidiabile facilità nel lavoro, furono le più eminenti doti di cui natura aveva favorito il Saredo, il quale si attribuì ad onore d'impiegarle tutte volenterosamente e indefessamente in servizio del Collegio a cui apparteneva, e che egli considerava quasi come una famiglia.

Né ai soli doveri del suo speciale uffizio limitò egli l'opera sua, ma fu sempre pronto a prestarla con piena abnegazione di se ogni qualvolta l'interesse generale lo richiedesse, affrontando coraggiosamente fatiche e responsabilità gravi da altri ricusate, ed esponendosi a sopportare le censure, i rancori, le contumelie che gliene potessero seguire, perché reputava non meritare titolo di vero e perfetto amico del bene pubblico chi non voglia cooperare con tutto il potere suo a procurarlo, ed a rimuovere i mali che vi si oppongono senza curarsi di ciò che gliene possa derivare personalmente.

Confido che questo eccelso Consiglio voglia permettermi di rinnovare in nome suo alla famiglia del compianto nostro Presidente l'espressione della nostra vivissima condoglianza, rendendo omaggio di profonda gratitudine alla memoria di lui per le alte sue benemerenze.
»

II comm. Giorgi, presidente della la Sezione, domanda la parola, ed ottenutala, esprime quanto segue:

« In nome dei colleghi di questa la Sezione, dove Giuseppe Saredo per molti anni fu Consigliere e Presidente, lasciandovi ricordi incancellabili della dottrina e della rara operosità sua, mi associo commosso alle parole di rimpianto pronunziate dal presidente Bianchi.
E soggiungo che il pensiero di questi ricordi ci fa sentire più intensamente la gravità e l'amarezza della perdita sofferta dal Consiglio di Stato
». 
 

Una crudele malattia di quattro mesi valse ad annientare una fibra che era rimasta salda e robusta.
Ora egli riposa vicino a quella donna di
elevato sentire e di alto intelletto, la illustre autrice della Regina Anna di Savoia, che fu la degna e diletta compagna della sua vita: da lei non volle che neppure la morte lo dividesse.
Ne sacro foedere junctos mors dividat:
così fece incidere sulla modesta loro tomba. Là sono ora racchiusi i suoi resti mortali; ma egli rimane vivo nel cuore di chi ebbe per lui affetto grande e riconoscenza. Ma la sua memoria rimarrà cara e venerata come quella di uno degli uomini che hanno più onorato il paese, meritevole di prendere posto fra quelli egregi, di cui egli scrisse, con amore ed intelletto, la nobile vita.
 

                                                                                                                              Serafino Giustiniani.

 

__________________

 

(nota1) Fanno parte della collezione I Contemporanei italiani. Galleria Nazionale del secolo XIX, edita dal Pomba.   (<<torna al testo)
 

(nota2) Al primo dovevano seguire, come era annunciato dall'Autore, i seguenti volumi:
- II.
Conflitto delle leggi nei rapporti internazionali e Teoria delle nullità di ordine pubblico.
-
III. Conflitto delle leggi civili, commerciali, e di procedura civile per ragione di tempo.
- IV. Conflitto delle leggi penali e di procedura penale per ragione di tempo.
Il disegno dell'opera era vasto: ed il primo volume, nel quale sono svolti con mano maestra i
principii generali sulla formazione, interpretazione ed applicazione delle leggi, e loro abrogazione, ha reso vivo il rincrescimento che quel disegno non abbia potuto essere completamente attuato.   (<<torna al testo)


(nota3) Archivio giuridico, LIII, fase. 1-2.   (
<<torna al testo)


(
nota4) Legge 29 marzo 1903, n. 103.   (<<torna al testo)


(nota5) Orazio, Odi, lib. III, 3.   (<<torna al testo)


(nota6) Nell'ottima Rivista della beneficenza pubblica (voi. XXXI, pag. 865), tessendosi da Paolo Donati l'elogio funebre della duchessa Teresa Filangieri Ravaschieri, si scrive quanto segue:
« Se le eminenti virtù della duchessa Ravaschieri sono degne di un cenno meno fugace di quello dato dai giornali politici quotidiani, esse però avrebbero meritato una penna, ben più della mia, provetta ed autorevole per essere rammentate ai lettori della Rivista.
Una sola volta io la vidi a Napoli.
Usciva da una visita al compianto Saredo, quando l'illustre uomo, ancora arzillo e forte, dedicava tanta parte della sua meravigliosa attività e del suo alto ingegno a quel lavoro poderoso dell'inchiesta agli  enti pubblici napoletani, che doveva certo  concorrere a troncare anzi tempo una cosi preziosa esistenza.
Quelle due nobili figure che un altissimo comune desiderio avvicinava, il migliore avvenire di Napoli, le ho davanti agli occhi, né mai più si cancelleranno dalla mia mente, tanto m'apparvero degne di tanta riverenza in vista che più non dee a padre alcun figliuolo ».  (<<torna al testo)

 

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 FONTI e LINKS di approfondimento


 

1.  GIUSEPPE SAREDO - BIOGRAFIA

2.  L'INSEGNAMENTO SCOLASTICO E UNIVERSITARIO
 

3.  IL CREDO POLITICO - SAREDO LIBERALE E MONARCHICO
 

4. TEORIE FILOSOFICHE E RELIGIONE

 

5. L'INFUENZA POLITICA E  LA QUESTIONE ROMANA


6. IL COMMISSARIAMENTO E L'INCHIESTA DI NAPOLI

 

7. SCHEDE DEI LICEI DI SAVONA

 

 

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